La geoingegneria solare promette di invertire l’aumento delle temperature terrestri in modo facile, economico e veloce. Mancano però evidenze scientifiche certe sui benefici, e anche i rischi sono ignoti.

M. DELL’AGUZZO – Wired

Un aereo decolla mentre il sole tramonta in un giorno di caldo

A fine giugno la Commissione europea ha proposto di affrontare il tema della geoingegneria, un termine ombrello che racchiude diverse pratiche per la manipolazione del clima della Terra e l’inversione del riscaldamento globale.

Si parte dal verniciare di bianco i tetti delle case, in modo che assorbano meno calore e riflettano parte della luce solare, e si arriva alla schiaritura delle nuvole marine e all’immissione di particelle di gas nell’atmosfera. Secondo Bruxelles, la geoingegneria pone “un livello di rischio inaccettabile per l’uomo e l’ambiente” perché non se ne conoscono le conseguenze di lungo termine. Ad oggi, peraltro, mancano sia gli studi scientifici, sia delle regole condivise a livello internazionale che uniformino questi interventi climatici.

Raffreddare la Terra riflettendo il Sole

L’applicazione geoingegneristica giudicata maggiormente critica è la riduzione della radiazione solare (anche detta Srm, da solar radiation modification). Consiste nel riflettere nello spazio la luce del Sole in modo da ridurre la temperatura della Terra, contrastando il riscaldamento causato dai gas serra. Il metodo più discusso – nonché più sperimentato, ma in maniera disorganica e su scala ridottissima – prevede il lancio di palloni sonda che immettono nell’atmosfera qualche grammo di anidride solforosa, un gas dall’azione riflettente. Il processo, in poche parole, tenta di replicare artificialmente le conseguenze di un’eruzione vulcanica, nella quale viene per l’appunto rilasciata anidride solforosa; lo zolfo, quando raggiunge la bassa stratosfera, si converte in aerosol di solfati, che riflettono la luce solare (il contrario dell’effetto serra).

L’idea di fondo, quindi, è che se si mandasse nella stratosfera una quantità sufficiente di particelle di solfati si potrebbe ottenere un abbassamento delle temperature globali. La possibilità di manipolare il clima è affascinante ma controversa, che pone dilemmi etici – l’umanità ha il diritto alterare deliberatamente e drasticamente la Terra, anche se ha il potere di farlo? – e dovrebbe invitare a un’attenta valutazione dei benefici e dei rischi. Da una parte, infatti, l’iniezione di aerosol nella stratosfera non è complicata dal punto di vista tecnico (si utilizzano palloni o aerei) e potrebbe raffrescare notevolmente il pianeta nel giro di qualche anno appena: nessuna tecnologia per la riduzione delle emissioni è altrettanto semplice e porta risultati in così breve tempo. Dall’altra parte, non si conoscono gli effetti di uno stravolgimento di tale portata, che peraltro potrebbero interessare alcune zone del mondo più di altre.

Conseguenze indesiderate, benefici ignoti

Non bisogna sottovalutare gli effetti collaterali, come insegna un regolamento dell’Organizzazione marittima internazionale che si è trasformato suo malgrado in un esperimento di geoingegneria. Nel 2020 l’istituto ha imposto delle regole per limitare le emissioni di zolfo delle navi. L’esito ricercato, ossia la riduzione dei livelli di inquinamento, è stato raggiunto, ma si è anche verificato un risultato indesiderato. Senza lo zolfo, le cosiddette ship tracks – un tipo di nubi che si formano attorno ai gas di scarico delle navi e che riflettono i raggi del Sole – sono diminuite e le acque dell’Atlantico settentrionale si sono riscaldate notevolmente. Lo scorso luglio la superficie di questa porzione d’oceano ha raggiunto la temperatura record di 25 gradi Celsius. “Per anni – faceva notare Science – l’Atlantico settentrionale si è riscaldato più lentamente rispetto ad altre zone del mondo” nonostante l’intenso traffico navale, o forse anche grazie a questo.

La questione di fondo sulla Srm è che mancano i dati. Qual è, per esempio, la temperatura media globale ottimale? Quali potrebbero essere – si domandano gli autori di un saggio sulla rivista Foreign Policy – le conseguenze sull’ozonosfera e sui monsoni? Vale la pena correre il rischio, se questo significa migliorare la vita ai paesi più esposti al riscaldamento globale?

Il punto è che non sappiamo quali siano questi rischi, e nemmeno i reali vantaggi. Gli esperimenti di geoingegneria solare sono troppo scarsi perché se ne possa trarre una qualche conclusione, e gli scienziati sono restii a procedere per via dell’opposizione pubblica: l’idea di “operare” sul clima per modificarlo artificialmente fa paura a molti. La cautela è comprensibile, ma c’è chi pensa che la serietà della crisi climatica ci obblighi a non escludere nessuna opzione. Qualcun altro, al contrario, accusa la geoingegneria di essere una scappatoia che ci distrae dal vero obiettivo: tagliare le emissioni di gas serra e rimuovere quelle in eccesso nell’atmosfera, attraverso le fonti di energia pulita e le tecnologie di cattura del carbonio. La riduzione della radiazione solare, insomma, interverrebbe sui sintomi ma non sulla radice del problema.

Servono regole condivise sulla geoingegneria

L’unico rischio certo è quello rappresentato dalla mancanza di regole condivise a livello internazionale sulla Srm. In loro assenza ciascun governo potrebbe decidere di procedere unilateralmente, con poco o nullo coordinamento con gli altri. Nel rapporto di sintesi di marzo 2023, l’Ipcc (il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) ha scritto a questo proposito che “la mancanza di una governance solida e formale della Srm comporta dei rischi, in quanto l’impiego da parte di un numero limitato di stati potrebbe creare tensioni internazionali”. La geoingegneria potrebbe inoltre avere delle applicazioni militari.

Le regole sono importanti anche per frenare gli approcci fai-da-te delle aziende private. Il caso più vistoso è stato quello di Make Sunsets, una startup statunitense che nel 2022 lanciò dal Messico due palloni sonda per il rilascio di anidride solforosa nell’aria. L’intento era di natura commerciale, vale a dire la vendita di “crediti di raffreddamento” (simili ai più noti crediti di carbonio) alle società interessate a compensare le proprie emissioni. Make Sunsets fece tutto questo senza consultarsi né con la comunità scientifica né con le autorità messicane. Il governo parlò infatti di violazione della propria sovranità, e ha poi annunciato la messa al bando della geoingegneria. I palloni della startup non erano dotati di strumenti di monitoraggio, quindi non è chiaro se le particelle abbiano effettivamente raggiunto la stratosfera. In ogni caso, le quantità trasportate erano comunque troppo basse – meno di quelle rilasciate da un volo transatlantico – per avere avuto un impatto concreto sul clima e sulla compensazione. Ciononostante, si teme che la mossa di Make Sunsets possa spalancare la porta alla geoingegneria commerciale prima ancora che la scienza e la politica internazionale si siano espresse sui processi e sugli standard.

Il 30 giugno gli Stati Uniti hanno pubblicato un rapporto nel quale vengono definite le premesse di un ipotetico programma di ricerca sulla riduzione della radiazione solare. Pur specificando che non esiste l’intenzione di procedere in questo senso, è significativo che la Casa Bianca sottolinei l’importanza di possedere “la capacità di rilevare qualsiasi implementazione globale o regionale di Srm”. Ci sarà una corsa alle armi sulla geoingegneria?

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