venerdì 10 luglio 2020

Di Al. Tallarita

É necessario sollecitare la sensibilità pubblica, su alcune situazioni di rischio. Tematiche, come quella carceraria, che dato il fatto d’esser poco percepite da chi non direttamente coinvolto, restano lì nascoste, dove l’immobilismo governativo le relega. Realtà depositate, nascoste come cenere accesa sotto il tappeto buono.. di casa..ma pienamente vissute dalle famiglie e dalle persone dei detenuti, del personale penitenziario, degli assistenti sociali, psicologi, professori. Di chi fa servizi all’interno delle carceri, degli antropologi che ne analizzano e studiano i fenomeni. Di quelle che sono vere e proprie società nelle società. Delle persone che vivono la realtà carceraria in modo ben diverso e profondo. E succede poi che quella cenere scatena un incendio, così che poi nelle situazioni di crisi tutti ne parlano, si accorgono, si ricordano. Si risveglia l’ansia di chi vive spesso in uno stato di attesa di ricevere giustizia, dopo il trauma del reato subito, come le famiglie delle vittime sul lavoro e di quelle delle vittime, che i reati li subiscono.. E per i quali la prima forma di risarcimento-risposta è proprio la detenzione. Forse i primi, questi, ad aver percepito il ricatto insito dietro le rivolte, alimentate nel momento clou della venuta del Covid-19. E che erano alla ricerca, violenta e distruttiva, di una giustificazione che potesse restare impunita. È a base calcolata, della richiesta di scarcerazione, poi avvenuta con permessi speciali causa virus.. Si rivela un problema di un mondo lasciato a sé, in cui ognuno lotta per sopravvivere. In cui i detenuti sono troppi e gli agenti pochi, a causa del fatto che le graduatorie non scorrono. E i concorsi sono sono per un numero esiguo di agenti penitenziari, contro le migliaia di unità, messe a concorso, di altri comparti. Per esempio, dopo la Legge di Bilancio 2019, con cui il governo ha autorizzato un piano di assunzioni per incrementare i servizi di sicurezza, si è rivelato quanto segue: il concorso per allievi di agente polizia penitenziaria del 11 febbraio 2019 metteva in Concorso per 754 posti ruoli maschile e femminile. Quello per agenti Polizia di Stato 2019, di contro, era aperto a 1515 allievi. E il bando presentato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 Febbraio, era per 3581 allievi Carabinieri. Senza andare oltre mi pare palese la differenza in numeri.. È necessario che non si pensi a quello dello ‘svuota carceri’, come un fenomeno per sopperire a queste carenze. Che vanno ad aggiungersi ai problemi strutturali degli istituti. Devono essere costruite nuove carceri, oltre che ristrutturate molte delle strutture fatiscenti, ancora presenti. Che senso ha solo parlare di sicurezza, arrivando poi a forme emergenziali di provvedimenti, che possono rendere vano il lavoro d’indagine svolto o il lavoro pregresso e dar man forte a un’interpretazione ambigua, che faciliti scarcerazioni e permessi?Si pensi alla questione ad esempio legata al DL 29 del 10.05, che al fine di porre un freno alle scarcerazioni Covid-19, ha però facilitato l’introduzione di misure procedurali che intervengono a gamba tesa nel potere giudiziario, atteggiamento che ha richiesto l’intervento della Corte Costituzionale. Oltre al fatto che l’intervento del Ministero della Sanità rende ancora più pericolosa e scivolosa la materia, con la proposta di misure alternative alla detenzione, se presenti gravi patologie che possano essere aggravate dal Covid-19. Così che, l’emergenza sanitaria pone alternative e scusanti, che si pongono contro la normativa vigente. Ricordiamoci che nella maggioranza, stiamo parlando di soggetti particolarmente pericolosi, tra cui addirittura.. terroristi. Che poi… Mi sarà lecito chiedere.. Ma per la tubercolosi… che comunque circola nelle carceri… non si è giunti a tale degenerazione… eppure è altamente infettiva e può essere mortale, inoltre la metà dei detenuti stranieri è positivo al test….. Tutt’oggi. Questa che è un’emergenza sanitaria, anche nei Paesi dell’occidente e nelle carceri italiane. Dovuta ai numerosi extracomunitari detenuti. Ma anche per coloro che sono HIV positivi e a causa delle faglie del sistema di sorveglianza (dati tratti dagli studi del Gruppo di lavoro sulla TBC negli Istituti Penitenziari). Ma a quanto pare anche per le patologie c’è la serie A e la serie B. Mentre intanto l’Europa vende modelli detentivi a porte aperte, facilitando con serial televisivi, l’accettazione sociale. Decantandone i benefici, pur mostrando le brutture del sistema, seppur a secondo romantico (Penso a Vis a Vis, trasmesso su Netflix). E pensando inoltre, al traffico di stupefacenti dentro le carceri, l’uso di cellulari, la cui introduzione e uso dovrebbe divenire reato penale, che ancora oggi non è.. Oltre la presenza esigua degli agenti, il veto dell’uso di strumenti atti al controllo, come potrebbero essere i teaser, che aiuterebbero molto per sedare le costanti aggressioni e le violente proteste dei detenuti contro gli agenti. Anziché l’uso di quei fiori e sorrisi (provocazione) che suggerisce l’Europa.. magari dimenticando il cv di assassini, stragisti, violenti asociali, terroristi, potenti capimafia e quant’altro..Tra la popolazione carceraria. Ma ci si vuol rendere conto che la base sociale deve avere il concetto di sicurezza come primario o la società moderna ha fallito?…Già in un contesto, come quello italiano che è pronto a scoppiare, dopo questa crisi che si è aperta e che tocca sanità, società, economia.. E non di certo potrà risorgere, dimenticandosi sotto il tappeto le ceneri di un pezzo di società lasciato così a sé stesso. In cui detenuti e agenti, spesso finiscono per fondersi.. divenendo una cosa sola. Dove l’uno, getta la maschera come mai farebbe con assistenti sociali e psicologi per paura di esser giudicato e così compromettere eventuali benefici che potrebbe ottenere.. E l’altro che si fa tutt’uno col detenuto, ascoltandone sofferenze, delusioni, elucubrazioni, illiceità e spesso ad affrontarli da solo.. senza il dovuto appoggio istituzionale.. Tenuto ad accontentare, comprendere e accondiscendere… anche solo per riuscire a tornar a casa sano e senza subire violente aggressioni. Di contro la mancanza di chiari sistemi di controllo e di risposta sistemica può anche acuire atteggiamenti di autorità eccessiva..dove nulla c’è tutto può prendere il sopravvento. La paura, lo sconforto, la violenza, lungo quei corridoi senza telecamere (assurdo). Di notte quando l’esiguo personale diventa ancora meno numeroso…e le celle sono tante..troppe e la gente detenuta.. tanta troppa. Alla ricerca anche del rispetto di misure che aiutino all’equilibrio veglia-sonno per garantire la salute fisica e mentale. Con vero dramma si osserva tutto questo, che paradossalmente è così tanto poco considerato dal Ministero preposto. Troppa la noncuranza nei confronti dell’analisi di alcuni dati, che risultano davvero difficili da accettare. Al 30 giugno 2020, risultano che nelle carceri italiane da nord a sud, ci siano presenze da 300 a 800 persone in più rispetto al numero consentito. In tutto, in Italia, su oltre 50.000 persone previste, quelle in più risultano essere quasi 4.000 (precisamente 53.579 anziché 50.501). E purtroppo non si sta parlando di numeri, ma di gente. Che affolla le carceri in sovranumero! Di cui una presenza massiccia è quella degli stranieri e maggiormente: albanesi marocchini tunisini e gambiani.Oltre le altre etnie e poi il comparto femminile. E solo per fornire qualche dato, tra le carceri, su cui pesa tale sovraffollamento per esempio vi sono quelle del: Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Sicilia, Campania. A Poggioreale, ad oggi, ci sono 400 persone in più rispetto alla capienza prevista… 1952 contro 1571. A Rebibbia ci sono 300 persone in più sul massimo consentito; così come a Regina Coeli e all’OperaICR in Lombardia e alle Vallette in Piemonte o al Pagliarelli di Palermo. E l’elenco è davvero lungo….

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