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In uno scenario globale sempre più pressato dalla necessità di ridurre le emissioni di carbonio, alcuni settori dell’economia si trovano ad affrontare sfide maggiori di altri nel decarbonizzare le proprie attività. Conosciuti come “difficili da macellare”, questi segmenti – esemplificati dalle industrie del petrolio e del gas, del cemento, dell’acciaio, del vetro, minerario, dell’acciaio, ecc. – fanno molto affidamento sui combustibili fossili o su processi industriali tecnicamente complessi e costosi da decarbonizzare. Ciò è in gran parte dovuto alla mancanza di alternative economiche praticabili su larga scala e all’assenza di tecnologie mature per sostituire le fonti energetiche tradizionali.

Nonostante queste sfide, i settori “difficili da abbattere” sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, poiché rappresentano una quota significativa delle emissioni globali di gas serra.

Le emissioni di gas a effetto serra (GHG) sono classificate, secondo il Greenhouse Gas Control (GHG Protocol), negli ambiti 1, 2 e 3:

Emissioni Scope 1: emissioni dirette delle aziende derivanti dalle proprie attività e che sono sotto il loro controllo in quanto appartenenti ai loro processi produttivi;

Emissioni Scope 2: emissioni indirette legate ai consumi elettrici ed energetici dell’azienda;

Emissioni Scope 3: più difficili da mappare, si tratta di emissioni indirette non rientranti nello scope 2 e che si verificano nella catena del valore dell’azienda. Questa categoria include fonti che non sono direttamente possedute o controllate dall’organizzazione, come quelle associate all’estrazione delle materie prime, alla catena di fornitura, al trasporto di input e prodotti e all’uso o allo smaltimento di beni da parte dei consumatori finali.

La decarbonizzazione del settore petrolifero e del gas

Nel contesto globale, i combustibili fossili continuano a rappresentare una porzione significativa della matrice energetica, con conseguenti emissioni di gas serra (GHG). Di fronte a questa sfida, le aziende del settore petrolifero e del gas hanno adottato diverse misure per mitigare le proprie emissioni, con un focus specifico sulle emissioni di ambito 1, 2 e 3, in conformità con le linee guida internazionali di contabilità e rendicontazione.

Per quanto riguarda le emissioni di scopo 1, le aziende si sono impegnate in progetti a minore intensità di carbonio, adottando pratiche che mirano a ridurre le emissioni dall’esplorazione allo sviluppo dei giacimenti produttivi. Il Brasile si distingue per l’efficienza nella produzione di petrolio, con un’intensità media di emissione di CO2 pari a circa 17 kg per barile di petrolio equivalente (boe), inferiore alla media globale di 20 kgCO2/boe. Giacimenti come Tupi e Búzios, responsabili di oltre il 40% della produzione nazionale, hanno un’intensità ancora più bassa, intorno ai 10 kgCO2/boe. Questa performance posiziona il Brasile come leader mondiale in termini di sostenibilità nella produzione di petrolio.

Inoltre, il settore brasiliano del petrolio e del gas naturale ha ampiamente beneficiato delle sue competenze tecnologiche, utilizzando tecniche avanzate, come l’Enhanced Oil Recovery (EOR), e progetti leader di cattura, stoccaggio e utilizzo del carbonio (Carbon Capture, Utilization, and Storage – CCUS). nelle operazioni offshore. Tali iniziative contribuiscono in modo sostanziale alla mitigazione delle emissioni di gas serra, consolidando il Brasile come attore rilevante nella riduzione delle emissioni globali di carbonio. In particolare, lo sviluppo delle tecnologie CCUS si distingue come una soluzione promettente per mitigare le emissioni provenienti da settori difficili da macellare, creando allo stesso tempo nuove opportunità produttive per il Paese.

Per quanto riguarda le emissioni scope 2, che si riferiscono alle emissioni indirette legate alla generazione di energia elettrica e all’energia acquistata e consumata dalle aziende, il Brasile ha adottato misure che includono l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili e a basse emissioni di carbonio. La crescente incorporazione di fonti energetiche come quella solare ed eolica, nonché l’uso di biomassa e biocarburanti, esemplifica la diversificazione delle fonti energetiche da parte del settore. È interessante notare che la matrice energetica brasiliana, con una quota di fonti rinnovabili nell’energia consumata pari al 49,1%, supera significativamente la media globale del 14,5% e la media dei paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che è 16,5%.

Il Brasile ha una lunga tradizione nell’uso dei biocarburanti, che consentono di soddisfare oltre il 20% della domanda energetica del settore dei trasporti con etanolo e biodiesel. Le aziende brasiliane sono concentrate sullo sviluppo di innovazioni per aumentare l’efficienza energetica dei combustibili ed esplorare nuovi percorsi tecnologici per mitigare le emissioni di ambito 3.

In sintesi, la combinazione degli sforzi volti alla riduzione delle emissioni dirette e indirette, insieme all’adozione di tecnologie avanzate e f

rinnovabili, posiziona il Brasile su una solida traiettoria verso la decarbonizzazione nel settore del petrolio e del gas. La posizione strategica del Paese, con la sua matrice di energie rinnovabili e innovazioni tecnologiche, rappresenta un contributo significativo agli obiettivi climatici globali e promuove una maggiore sostenibilità ambientale.

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