12 artiste toscane o che hanno scelto la regione per vivervi e operarvi sono protagoniste di una mostra di ampio formato a Prato che racconta questioni di genere e relazione tra essere umano e ambiente, mostrando come questi due temi hanno molto da dirsi.
Artribune,S.Nastro
Le parole chiave della mostra sono “artiste, toscana, futuro”. Artiste, perché le artiste in mostra sono per l’appunto tutte donne: Francesca Banchelli, Chiara Bettazzi, Chiara Camoni, Giulia Cenci, Isabella Costabile, Daniela De Lorenzo, Helena Hladilová, Christiane Löhr, Lucia Marcucci, Margherita Moscardini, Moira Ricci, Sandra Tomboloni. Toscana, perché le artiste selezionate da Stefano Collicelli Cagol, direttore del Museo Pecci insieme a Elena Magini sono tutte del territorio regionale, o hanno scelto di vivervi. Futuro, secondo libera interpretazione, perché dimostrano che lavorare sull’arte contemporanea italiana non è mai una scelta sbagliata e i risultati sono altamente competitivi.
La mostra Colorescenze al Pecci di Prato
Le traiettorie su cui viaggiano queste 12 artiste, protagoniste di un percorso transgenerazionale, sono quelle della relazione tra arte e natura, vita e genius loci, ma anche questione di genere. Il futuro evocato dal sottotitolo sta inoltre nella riflessione che la mostra lancia sulle argomentazioni sempre più cogenti legate a sostenibilità e ambiente. Parla questo linguaggio uno dei molti collage della Marcucci che dà per altro il titolo all’intera mostra o Sister (del Ravaneto) di Chiara Camoni nell’immaginario simbolico e totemico che caratterizza la produzione dell’artista. In coppia o sole nelle ampie sale espositive del Museo, le artiste si rispecchiano o si confrontano su questi temi.
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La Maremma di Costabile
Tra New York e la Maremma si muove l’opera di Isabella Constabile che qui presenta nove sculture, macchine celibi che raccontano l’identità di un luogo andando a montare insieme tracce industriali e agricole del territorio grossetano. Tomboloni attinge dal proprio immaginario personale e crea sculture in bronzo, ceramica, cera, pongo. In particolare, la serie della madre totemica ingloba la cultura pop in un lavoro al tempo stesso intimo e massmediale. Il tappeto blu della Banchelli e la sua pittura danno vita ad un immaginario in cui i luoghi diventano sogno e irrealtà, mentre Chiara Bettazzi ricostruisce un mondo, a volte rivelato, umano e industriale, a volte inglobato, dalle piante che pulsano, crescono, muoiono, si avviluppano e rendono l’opera un organismo in costante evoluzione.
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Installation view_Colorescenze_courtesy Centro Pecci Prato ©photoElaBialkowskaOKNOstudio
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I bunker della Moscardini e la natura di Bettazzi
Alla natura selvaggia di Bettazzi fa da contraltare la visione di una natura che si fa scultura e geometria come nelle opere di Christian Löhr e il progetto, tra i più coinvolgenti dell’intero percorso espositivo, costato 12 anni di lavoro a Margherita Moscardini 1XUNKNOWN (1942-2018 to Fortress Europe, with Love) offre una traccia dei bunker edificati lungo la costa atlantica europea durante la II Guerra Mondiale per volere del Terzo Reich. Architetture prive di senso riprese nella loro solitudine e avvolte da uno scenario contemporaneo in mutamento che chiede loro il conto. La difficile relazione tra natura e progresso è nell’opera che si rifà all’immaginario agricolo, non necessariamente locale, ma universale di Giulia Cenci, mentre Moira Ricci ne L’Ultima Cena fa calare una navicella spaziale made in USA nelle campagne toscane intrise di storia dell’arte, grazie all’ausilio dell’Intelligenza Artificiale. Le fa da contraltare il percorso sulla Melancholia, a partire dall’opera di Lucas Cranach il Vecchio, il lavoro di Daniela De Lorenzo, che si bassa sulla manipolazione dell’immagine tramite il collage. Ma attenzione, non si tratta di un esercizio di stile, ma di un serio ragionamento sui temi della consapevolezza ambientale. Tra reale e irreale, naturale e meraviglioso si muovono, infine, anche le sculture in marmo di Helena Hladilová, creature fantastiche che l’artista e i curatori definiscono una mutazione fantastica. Laddove l’uomo mette mano, estrae, spopola, snatura e affligge, l’arte risponde, immaginando futuri possibili e impossibili.