A. Gualtieri
Il 16 luglio scorso il senatore della Lega Manfredi Potenti ha proposto il DDL S. 1191, oggi ritirato. Il disegno di legge, dal nome “Disposizioni per la tutela della lingua italiana, rispetto alle differenze di genere” vietava il ricorso ai neologismi femminili negli atti pubblici in relazione a titoli istituzionali e professionali. Si prevedevano inoltre sanzioni fino a 5.000 euro in caso di trasgressione.
Cosa prevedeva precisamente il ddl rifiutato? I punti caldi del testo, che l’agenzia stampa AdnKronos ha visionato in bozza, sono gli articoli 2 e 3.
L’articolo 2 ipotizzava il divieto del genere femminile in relazione a titoli istituzionali, militari e professionali in qualsiasi atto pubblico o di natura pubblica.
L’articolo 3 vietava l’impiego del femminile sovraesteso e di eventuali esperimenti linguistici, ammettendo invece la doppia forma o il maschile inteso come neutro.
Il ddl prevedeva inoltre sanzioni da 1.000 a 5.000 euro in caso di violazione degli obblighi.
Nei giorni scorsi, il sen. Potenti ha dichiarato di aver proposto il ddl per evitare che la lotta (legittima) per la parità di genere virasse verso eccessi tali da non rispettare le istituzioni e creare confusione a livello giudiziario.
Immediate le critiche da parte delle opposizioni. La deputata del Movimento 5 Stelle Emma Pavanelli ha giudicato la proposta “Una decisione aberrante che si pone in contrasto con i più basilari principi democratici […] la nostra lingua contempla il genere femminile, pertanto la pretesa della Lega di trascrivere gli atti solo al maschile è del tutto ingiustificata.”
“Nemmeno il patriarcato più cupo e retrivo sarebbe riuscito a escogitare una simile scemenza da repertorio, parente del leggendario uso di coprire le gambe dei tavolini in epoca vittoriana.” ha dichiarato Debora Serracchiani (Partito Democratico)
La sociolinguista Vera Gheno, intervistata dal Corriere della Sera, ha dichiarato che una proposta simile rivela la sua ignoranza nei confronti della storia della lingua italiana, che da sempre prevede declinazioni femminili. “se i femminili fossero poco importanti, non si agiterebbero tanto nel tentativo di vietarli.”
“La proposta di legge del senatore Manfredi Potenti è un’iniziativa del tutto personale. I vertici del partito, a partire dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, non condividono quanto riportato nel ddl, il cui testo non rispecchia in alcun modo le linee guida della Lega, che ne ha già chiesto il ritiro immediato.” Con queste parole poche ore fa la responsabile per le Pari opportunità, Laura Ravetto, ha comunicato il ritiro del disegno di legge, etichettato come iniziativa personale.
La senatrice del PD Valeria Valente ha espresso soddisfazione per il rifiuto della proposta, intimando tuttavia di restare in allerta “Pensare che la declinazione femminile di nomi istituzionali o professionali corrompa la lingua italiana e per questo prevedere anche multe salate rivela un pensiero ben preciso: che le donne nella vita pubblica siano un orpello da cancellare e che il sistema, maschile e maschilista, sia il punto di riferimento per tutti […] Non abbassiamo la guardia, è dal linguaggio che parte il cambiamento.”
Per Alleanza Verdi e Sinistra parla invece la senatrice Aurora Floridia: “Questa volta la propaganda è andata male, ma resta la natura retrograda e discriminatoria sul ruolo delle donne, sia in ambito pubblico che professionale. La parità di genere dovrebbe essere al centro delle politiche pubbliche e, aver pensato a una simile vergognosa proposta significa comunque voler attaccare direttamente i diritti delle donne e la loro legittima rappresentazione.”
Le parlamentari pentastellate Stefania Ascari, Alessandra Maiorino, Daniela Morfino e Anna Bilotti si sono espresse congiuntamente in una nota: “Forse anche all’interno della Lega il ddl sui nomi femminili ha lasciato basiti. Resta sempre lo sconcerto su come sia possibile anche solo concepire simili iniziative, che cancellano anni e anni di lotta per la parità di genere. A questo conducono le posizioni antistoriche, anacronistiche, ideologiche e discriminatorie che la Lega di Salvini ha ormai da anni deciso di abbracciare per solleticare le parti più istintive del paese, senza curarsi delle possibili conseguenze. Un loro senatore si è sentito autorizzato a vietare per legge l’uso del femminile, e il partito è dovuto intervenire per disconoscerlo. Ma raccolgono solo quello che hanno seminato. La Lega cessi le sue crociate contro i diritti delle donne, delle persone LGBT, dei migranti. La smetta di disumanizzare le persone e provi a fare politica, anziché ideologica propaganda. Magari recupera pure qualche voto.”