Cosa farà la più grande gigafactory d’Italia

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Costruita da De Nora, sorgerà fuori Milano e produrrà elettrolizzatori dal 2026 per accelerare lo sviluppo dell’idrogeno verde

La gigafactory De Nora nasce a Cernusco sul Naviglio

Un cumulo di terra con sei pale “infilzate”, sullo sfondo un escavatore cingolato. Cernusco sul Naviglio, nella cintura attorno a Milano: sorgerà qua una gigafactory che produrrà elettrolizzatori per la generazione di idrogeno verde. Con i suoi 25.000 metri quadrati di superficie coperta e una capacità produttiva di 2GW prevista a regime, sarà la gigafactory più grande del Paese e quella più all’avanguardia mai realizzata dal Gruppo De Nora. Questa multinazionale italiana specializzata in elettrochimica, assieme a Snam, punta a iniziare la produzione entro i primi mesi del 2026, aiutando l’Europa a raggiungere gli obiettivi di produzione interna di idrogeno verde fissati nel programma comunitario di energie verdi RePowerEu: 10 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030.

C’è l’aiuto del pubblico

Acquistata a febbraio 2023, dopo quasi 20 anni di “inattività” e un passato nella produzione di tubi come sede della ex Rapisarda, l’area oggi brulla vedrà sorgere un impianto alimentato al 100% con pannelli fotovoltaici che produrrà elettrolizzatori con tecnologia prevalentemente alcalina. Un investimento totale di circa 100 milioni di euro per il Gruppo De Nora, che il ministero delle Imprese e del made in Italy, nell’ambito del fondo Ipcei (Importanti progetti di comune interesse europeo), ha finanziato con 32 milioni di euro di fondi pubblici. Potrebbero diventare 63. “Siamo in una delicata fase di rendicontazione”, ha spiegato l’ad del gruppo De Nora, Paolo Dellachà, sottolineando l’impatto occupazionale dell’operazione: 200 posti di lavoro diretti e 2000 come indotto totale.

Un impatto sociale elevato per l’area, quanto minimo dovrebbe essere quello ambientale. Oltre all’autonomia energetica, da raggiungere con pannelli fotovoltaici, su carta l’opera prevede anche sistemi di climatizzazione geotermica,  una illuminazione preferibilmente naturale, vernici fotocatalitiche per pareti esterne e un biolago nel giardino che minimizzerà i consumi di acqua, riutilizzandola per l’irrigazione, per esempio.

Gli altri progetti

Collegata e raggiungibile con mezzi pubblici e piste ciclabili, la nuova gigafactory si integra nel territorio come nella strategia nazionale per l’idrogeno verde. Anzi, mira a rappresentare il modello di soluzione di media taglia di cui secondo Dellachà tutto il Paese ha bisogno.

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Non servono grandi strutture centralizzate ma tante distribuite, per rispondere ai bisogni dei vari settori, partendo da quelli ‘hard to abate’ come il chimico e il siderurgico” spiega, immaginando tante Hydrogen Valley sorgere da Nord a Sud. Una sarà in Lombardia, in Val Camonica: il presidente della Regione Attilio Fontana, presente all’avvio dei lavori a Cernusco, la cita, parlando anche del progetto di una linea ferroviaria “tutta a idrogeno”, la Brescia-Iseo-Edolo. Taglia M, quindi, per la produzione di elettrolizzatori italiana, tranne che in Puglia e in Sicilia, due aree che potrebbero diventare strategiche per l’idrogeno verde, perché entro il 2030 mirano al 90% di rinnovabili e sono sedi di numerose aziende “hard”, bisognose di transizione green.

L’inizio lavori a Cernusco sul Naviglio, secondo il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso è il “segnale evidente di un percorso importante intrapreso dall’Italia”. “Alla luce dei nuovi equilibri dettati dall’esito delle elezioni europee dove abbiamo mostrato maggiore stabilità di altri Paesi – aggiunge in un videomessaggio inviato da Roma -. Potremo giocare un ruolo di maggior peso sulla scelta di come coniugare transizione tecnologica e verde”.

Da Cernusco si sottolinea la necessità di agire anche sul costo delle rinnovabili, perché l’idrogeno verde europeo e italiano possa essere un giorno, il più presto possibile, competitivo. “È un settore ancora in fase iniziale, le proiezioni sono molto variabili ma la stima della capacità installata di elettrolizzatori globale entro il 2030 supera i 100 GW. L’Europa può contribuire per il 25-30%, ma servono le giuste regole del gioco e il costo delle rinnovabili, un elemento determinante”, spiega Dellachà. E lo dimostra coi numeri della gigafactory realizzata in Arabia Saudita, un impianto di da 2.200 MW che produce 650 tonnellate di idrogeno verde al giorno al prezzo di 2 dollari al chilo “grazie al costo delle rinnovabili”.

Facile da quelle parti”, si può pensare, ma ci sono aree competitive anche in Europa, a due passi dal nostro Paese. Circa un mese fa, infatti, l’Hydrogen bank, la Banca dell’idrogeno creata dalla Commissione europea, ha assegnato quasi 720 milioni di euro a solo 7 progetti, di cui 3 Spagna e 2 Portogallo (i due restanti in Finlandia e Norvegia). Anche in Europa, quindi, si può fare, secondo Dellachà, che aggiunge di poter garantire “una capacità produttiva 5 volte quella dei cinesi e 3-4 volte quella di altri player europei per gli elettrolizzatori. Ma serve che anche il costo dell’energia diventi competitivo”.

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