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Caduta in Italia meridionale e raccolta nel 2002, contiene rarissime leghe metalliche di alluminio e rame e presenta al suo interno dei quasicristalli, una sorta di materiale “impossibile” dalla simmetria proibita. È il terzo caso al mondo di ritrovamento di materiale extraterrestre con leghe metalliche di questo tipo e il secondo di una micrometeorite con un quasicristallo di origine naturale

Ingrandimento al microscopio elettronico della micrometeorite recuperata sul Monte Gariglione. Crediti: G. Agrosì et al., Communications Earth & Environment, 2024

Una nuova e importante scoperta nell’ambito delle scienze planetarie è stata messa a segno da un gruppo di ricerca tutto italiano. Si tratta del rinvenimento di una meteorite estremamente rara, in quanto contiene rarissime leghe metalliche di alluminio e rame e che presenta al suo interno materiali con una simmetria proibita, i quasicristalli. La scoperta è descritta in un articolo pubblicato oggi sulla rivista Communications Earth & Environment appartenente al gruppo editoriale di Nature-Portfolio.

La strana meteorite è stata studiata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bari (Giovanna Agrosì, Daniela Mele, Gioacchino Tempesta e Floriana Rizzo del Dipartimento di scienze della terra e geoambientali), in collaborazione con l’Università di Firenze (Luca Bindi e Tiziano Catelani del Dipartimento di Scienze della Terra) e l’Agenzia spaziale italiana (Paola Manzari).

Il ritrovamento si è rivelato immediatamente eccezionale: si tratta del terzo caso al mondo di materiale extraterrestre contenente leghe metalliche di questo tipo e il secondo rinvenimento di una micrometeorite contenente un quasicristallo di origine naturale, dopo il ritrovamento della meteorite di Khatyrka, avvenuto nel 2011, grazie ad una costosissima e avventurosa spedizione internazionale che si era spinta fino ai confini dell’estremo Oriente russo, in Chukotka, luogo del ritrovamento della meteorite che le ha dato il nome.

La scoperta fatta rappresenta un tipico caso di citizen science; infatti, la micrometeorite, avente la forma di una piccola sferula, è stata trovata sul Monte Gariglione, in Calabria, da un collezionista che, notando una strana e inusuale lucentezza metallica, ha deciso di spedirla agli studiosi dell’Università di Bari per indagare sulla natura di questo oggetto apparentemente inspiegabile. Le analisi effettuate hanno prontamente messo in luce un’incredibile scoperta: la sferula era extraterrestre. La sua singolare lucentezza metallica, dovuta alla presenza di una lega metallica di rame e alluminio, conta rarissimi ritrovamenti precedenti. Gli studiosi sono rimasti impressionati nel constatare di avere tra le mani un elemento mai trovato in natura: un nuovo e rarissimo quasicristallo presente nella meteorite.

«I quasicristalli sono materiali in cui gli atomi sono disposti come in un mosaico, in modelli regolari ma che non si ripetono mai nello stesso modo, diversamente da quello che succede nei cristalli ordinari», racconta Luca Bindi, ordinario di mineralogia e direttore del Dipartimento di scienze della Terra dell’ateneo fiorentino. «Fu Dan Shechtman, poi premiato nel 2011 con un Nobel per le sue scoperte, a studiarne negli anni ’80 la struttura, che li rende preziosi anche per applicazioni in vari settori industriali. Quindici anni fa, fui proprio io a scoprire che tale materiale esisteva anche in natura, grazie all’individuazione del primo quasicristallo in un campione appartenente alla meteorite Khatyrka, conservato nel Museo di storia naturale dell’Università di Firenze».

La scoperta è decisamente eccezionale per il fatto che si tratta del secondo rinvenimento di una micrometeorite contenete quasicristalli, ma anche per il fatto che la piccola sferula è stata scoperta in Italia meridionale, a migliaia di chilometri dal primo ritrovamento, ed è stata studiata da un gruppo di ricerca interamente italiano con capofila l’Università di Bari.

«Lo sviluppo delle scienze planetarie in Italia meridionale è un punto su cui abbiamo sempre creduto e questa scoperta dimostra come il contributo degli studi geologico-mineralogici siano essenziali per il progresso delle conoscenze sul nostro Sistema solare», dice Giovanna Agrosì, docente di mineralogia dell’Università di Bari e coordinatrice dello studio.

«I risultati di questa ricerca», commenta Paola Manzari dell’Unità di coordinamento ricerca e alta formazione (Ucr) del Centro spaziale di Matera dell’Asi, «mostrano che esiste un universo ancora ignoto di fasi mineralogiche alla nanoscala nei materiali di origine extraterrestre, che riesce ancora a sorprenderci. La scoperta di questa lega anomala in una matrice condritica, insieme alla presenza dei quasicristalli, apre nuovi scenari sulle origini del materiale originario da cui si è staccato il frammentino e fornisce nuovi elementi per comprendere i meccanismi di formazione del Sistema solare».

La preziosissima micrometeorite è attualmente custodita nel Museo di scienze della terra dell’Università di Bari, luogo nel quale si è in procinto di allestire una sezione dedicata a campioni extraterrestri.

«La scoperta», conclude Giuseppe Mastronuzzi, direttore del Dipartimento di scienze della Terra e geoambientali dell’Università di Bari, «è importantissima non solo per le scienze mineralogiche e planetarie ma anche per la fisica e la chimica dello stato solido; essa dimostra ancora una volta che i quasicristalli possono formarsi spontaneamente in natura e, soprattutto, rimanere stabili per tempi geologici».

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