Di Al. Tallarita
Achille Succi racconta Achille
quanto il jazzista somiglia all’uomo?
Non saprei dire, sono cresciuto con il jazz da quando mi sono appassionato alla musica, quindi non so se ciò abbia influenzato il mio modo di essere; comunque senza jazz non sarei stato come sono ora sicuramente. Certo il jazz può aver favorito il “pensiero laterale” e una certa dose di adattabilità, almeno spero!
Cosa vuoi raccontare con le tue composizioni?
Non mi ritengo un compositore vero e proprio, spesso ciò che scrivo è finalizzato all’applicazione di una tecnica improvvisativa, allo sviluppo di un motivo, di un intervallo musicale o di qualsiasi cosa su cui sto lavorando in quel momento. Da questo lavoro spesso scaturiscono dei racconti, dei quadri musicali che rappresentano o evocano impressioni o sensazioni.
Quale credi sia in questo momento la nazione in cui il jazz sta esprimendo maggiore innovazione e creatività?
Ho avuto la fortuna di viaggiare molto per concerti e per l’attività di insegnamento, ma nonostante questo non ho abbastanza esperienza di luoghi in particolare dove il Jazz sta esprimendo innovazione e creatività. Certo in ogni parte del mondo sta emergendo una generazione di musicisti preparatissima anche grazie alle possibilità che la rete offre; può darsi che in futuro non ci sarà più una nazione trainante, ma tante piccole realtà di ricerca ed espressione musicale a grande livello; per far questo però c’è bisogno di luoghi di aggregazione, possibilità di esprimersi su un palco, o davanti a un pubblico, e questi spazi si vanno sempre più assottigliando.
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