Di Al. Tallarita
Noi cosa siamo ?
Siamo quello che mangiamo.
E se mangiamo sintetico
Cosa siamo?…..
Dunque, per combattere la fame de mondo..
la carbonara non è italiana, la ricetta del parmigiano reggiano è quella del Wisconsin,dove restano gli eredi degli immigrati italiani, la pizza è americana…Il vino fa rimpicciolire il cervello e via di castronerie.
La cultura alimentare, è ovviamente fatta di commistioni e importazioni, è storia e cultura. La vanuta dei militari americani e la necessità di cucinare per molta gente piatti nutrienti porto alla carbonara con uova e pancetta (guanciale). Ma comunque commistione. Dal pomodoro, al cacao, alle patate, al caffè. Ma è anche frutto di scelte finanziarie.
È certo che l’eccesso uccide. Che l’eccesso del consumo di alcool e tabacco carni rosse e via discorrendo uccida.
Ma che per la carne sintetica, si facciano biopsie agli animali vivi, sui loro feti…
Ebbene questo, alla battaglia ideologica a cui siamo sottoposti, non conviene condividerlo. Né negli articoli né nei social dei mesterianti dell’informazione costruita. Ormai praticamente restiamo solo pochi battitori liberi.. illusi costruttori e difensori di culture, diversità e alterità come valori da conoscere, condividere e con cui confrontarsi.
E intanto infatti, è in Usa che l’obesità impera, col suo consumo di centinaia di chili di carni e ancora in Africa c’è chi ne consuma zero.. e non per scelta.
Disequilibri della modernità o follia umana nello sfruttamento delle risorse naturali. Poco importa.
I fatti hanno la meglio.
E i ristoranti, che già servono la carne sintetica nei piatti, cercano il modo legale, per esentarsi dalla responsabilità, di eventuali effetti avversi in futuro.
E intanto il cibo sprecato, è il venti percento circa di quello prodotto. Vengono buttati centinaia di chili, di alimenti ancora commestibili. Scaduti. Rovinati nel trasporto. Cucinati e non venduti nella grande distribuzione. E ancora oltre.
E intanto, il cibo che è cultura in Italia, potrebbe diventare patrimonio dell’UNESCO.
Ma se nudità bellissima dell’arte non è solo hard ma addirittura porno, figuriamoci il gusto e il palato. La pornografia vera, è l’ideologia del gusto, del cibo, della cultura alimentare e del piatto. Su cui il processo ideologico vi è finito.
Ma la persona umana può nutrirsi di ideologia, senza guardare alla natura, alla qualità, alla realtà, oltre la costruzione scientifica, che sintetizza ciò che in natura è già completo di per sé?
E la nostra bellezza, quella della nostra cultura dei nostri prodotti agricoli, di tutti quegli ingredienti, che hanno dato vita a piatti, che sono arte, amore, cultura e bellezza riconosciuta in tutto il mondo, perché, deve essere posta sotto attacco?
Quando già i casi naturali, come la siccità e il maltempo, è il cambiamento climatico che ci porta alla tropicalizzazione, già reca sue problematiche, che stressano la produzione alimentare.
E non parliamo della filiera della produzione alimentare e di tutti coloro che vi lavorano.
Per produzione, l’Italia è al primo posto del vino ma a vendere e a prezzi maggiori, è la Francia.
Lo sguardo antropologico, di ogni singolo aspetto è fondamentale. Dalla vita delle piante, il cui unico scopo è la riproduzione della specie, che poi producono ciò che diventa prodotto di gusto come il vino, a quella delle altre specie animali, fno a noi, che tutto ciò, ci siamo presi la briga di raccogliere, correggere, gestire, modificare, consumare e vendere.
Siamo sicuri che stiamo andando verso la strada giusta?
Fermare la ricerca non è mai buona cosa comunque, ma l’onestà intellettuale anche.
Almeno fino a che l’essere umano, vorrà manifestare se stesso, creando un sottile equilibrio, tra scelte etica e morale, la ricerca, resterà fondamentale.
Ma la libertà di scelta, che verrà anche dai nuovi processi e dai loro esiti produttivi,
non deve essere giustificazione indiscriminata, della distruzione culturale identitaria dell’Italia e con questa del cuore dell’Europa.
E l’Europa verso dove vuole andare?
Attenzione. Perché in gioco è la cultura stessa da cui l’Europa nasce.
La globalizzazione, del sogno di magnati come Bill Gates, che nel sogno utopico, dell’aiuto all’umanità, di far mangiare a tutti nel mondo, la stessa porzione e dello stesso cibo, più che equilibrio e uguaglianza, senza mettere in dubbio le motivazioni nate in ambito filantropico, sembra un pericoloso comando, nelle mani di pochi, di tutta l’alimentazione.
Siamo quello che mangiamo.
Ma ognuno dentro una cultura.
E anche ognuno dentro se stesso.
Io per esempio sono vegana.
Da sempre.
Da bambina.
Ma non impongo agli altri la mia cultura. Il mio approccio alla vita e all’alimentazione. E il rapporto con la natura e gli altri animali. Che amo curo e rispetto, nella loro vitalità.
La condivido, la mia cultura.
Di certo, il consumo minore di proteine animali, prediligendo quelle vegetali, può essere una scelta vincente . È creare una nuova consapevolezza sia alimentare che di vita e benessere olistico.
La dove ci sia consapevolezza, tanto per sé stessi quanto per gli altri esseri viventi. Contro gli allevamento intensivi.
Contro l’inquinamento atmosferico.
Prodotto anche dai gas di origine animale.
Ma ciò che è necessario
È la libertà sana.
E la garanzia di questa nel rispetto degli esseri viventi e dell’ambiente, in cui, vorrei ricordarlo, siamo ospiti,
non padroni.